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Le origini del femminismo: nella seconda metà del 1700?

Una delle prime sostenitrici dell’emancipazione femminile è Olympe de Gouges (1748-1793) che, con la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina del 1791, dedicato a Maria Antonietta, pose la società a lei contemporanea di fronte al ruolo negato nello spazio pubblico alle donne. La de Gouges scontò il suo moderatismo politico filo-monarchico e girondino (fu denunciata dalle donne repubblicane di Parigi) finendo sulla ghigliottina nel 1793. Accanto a lei operò in difesa dei diritti delle donne Etta Palm d’Aelders di origine olandese, figura ambigua di femminista e spia al servizio degli Orange e della Francia rivoluzionaria.

In quegli stessi anni, nel 1792, l’inglese Mary Wollstonecraft (1759-1797) scriveva nella sua A Vindication of the Rights of Woman (Rivendicazione dei diritti della donna) che “è ora di effettuare una rivoluzione nei modi di vivere delle donne – è ora di restituirle la dignità perduta – e di far sì che esse, in quanto parte della specie umana, operino riformando se stesse per riformare il mondo”.

Nata in una famiglia povera, la Wollstonecraft aveva studiato da autodidatta e si era resa economicamente indipendente. Comprese subito la grande importanza che la Rivoluzione francese poteva assumere per lo sviluppo dell’eguaglianza sociale e civile dei cittadini, difendendola nella sua A Vindication of the Rights of Men dagli attacchi del reazionario connazionale Edmund Burke e stabilendosi, alla fine del 1792, proprio in Francia. Qui convisse con lo scrittore e patriota statunitense Gilbert Imlay, dal quale ebbe una figlia, Fanny Imlay. Lasciata dal precedente compagno, ebbe una relazione con William Godwin e morì dando alla luce la futura scrittrice Mary Shelley. A causa della sua condotta di vita, per quanto possibile libera dai pregiudizi dell’epoca, lo scrittore Horace Walpole la definì «una iena in gonnella».

Le rivendicazioni della Wollstonecraft potevano corrispondere ai principi della rivoluzione guidata dalla borghesia francese. Secondo la Wollstonecraft solo le donne della classe media potevano elevarsi dalla condizione di subordinazione in cui erano tenute da un’educazione improntata sui falsi valori maschili, secondo i quali la donna sarebbe stata «naturalmente» inferiore all’uomo. Un’eguale educazione impartita fin dall’infanzia, senza distinzione di sesso, avrebbe invece eliminato alla radice tale problematica.

Le tematiche dell’emancipazione sorsero, quindi, proprio nell’Inghilterra della Gloriosa rivoluzione e del parlamentarismo, negli Stati Uniti che si erano emancipati dalla madre-patria e avevano formulato la prima dichiarazione dei diritti dell’uomo inserita nella stessa dichiarazione d’indipendenza, e nella Francia, che aveva ripreso quella dichiarazione nel momento di dar vita alla grande Rivoluzione contro l’Ancien Régime.

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La psicologia delle donne: quali sono i “caratteri psicologici femminili”?

Benché il comportamento maschile e femminile sia fortemente influenzato dall’educazione e dalla socializzazione di genere, alcuni tratti caratteriali sembrano più specifici di uno dei due generi.

Questi tratti non sono esclusivi di un genere, ma solo predominanti, e legati a caratteristiche psicologiche determinate dal ruolo biologico nel processo di riproduzione. Gli attributi più specifici della donna sarebbero: l’accoglimento, la ricettività, l’altruismo, la tenerezza, l’empatia, la sensibilità, la delicatezza, la pazienza, la comprensione e la collaborazione.

Il femminile accoglie ciò che è, senza giudizio, come la madre accoglie suo figlio e lo ama per come è. Ella lo nutre senza attesa di ricompensa, gratuitamente e generosamente. Le qualità del femminile appaiono dunque l’amore, l’unione, la fusionalità, la generosità, la tenerezza, la compassione.

Il femminile è inoltre l’energia della vita. Nella gravidanza la donna accoglie la nuova vita dentro di se, e vi si offre senza far intervenire la propria volontà, in un’esperienza di abbandono alla corrente della vita.

Elementi di femminilità nell’uomo invece, così come di mascolinità nella donna, sono spesso considerati in maniera negativa a causa della loro contraddizione dei ruoli di genere tradizionali. È uno stereotipo che gli uomini omosessuali tendano ad essere molto effeminati, benché questo non sia sempre il caso. La cultura delle drag queen, spesso associata all’ostentazione dell’omosessualità, rende la femminilità maschile un aspetto desiderabile.

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I caratteri fisici femminili: quali sono per davvero, sempre che esistano?

 

Alcune caratteristiche fisiche femminili vengono descritte da alcune ricerche, in un contesto eterosessuale, come elementi centrali per sentirsi sedotti. Queste ricerche rilevano che molti uomini eterosessuali risultano attratti da una pelle liscia come quella dei bambini, occhi grandi e naso e mento piccolo, oltre ad un rapporto addome/anche di 0,7. Tuttavia esistono differenze culturali in queste preferenze fisiche. Tali studi sono stati talvolta considerati come prova che questi siano indicatori evoluzionari della fertilità femminile, ma si tratta di speculazioni non provate.

Lunghe ciglia e voci a tono alto possono essere considerati altri segni di femminilità nella cultura occidentale.

Tra gli attributi prevalenti di femminilità, in differenti tempi e culture, si possono citare:

Il seno come carattere fisico della femminilità: un seno ampio, mostrato da un décolleté pronunciato, è considerato un segno di femminilità nella cultura occidentale. Tale segno di femminilità può essere acquisito artificialmente anche tramite chirurgia plastica (mastoplastica).

Corsetti e femminilità: all’inizio del XX secolo, in Europa e negli Stati Uniti, le donne indossavano corsetti che ne limitavano i movimenti e causavano una serie di problemi di salute, tra cui mancanza di respiro, atrofia della muscolatura della schiena, e difficoltà nel parto. La vita sottile è sempre stata importante nella storia dell’attrazione erotica, in parte perché è una caratteristica tipicamente adolescenziale, e quindi è collegata con la verginità. Tuttavia la vita sottile dà anche idea di fragilità e di sottomissione. Fin dall’epoca greca si riteneva infatti che la colonna vertebrale non potesse reggersi se non con un’accurata fasciatura, e sappiamo che fino al secolo scorso nelle nostre campagne i neonati erano avvolti in bende strette, per raddrizzare la schiena e le gambe.

La femminilità ed i piedi piccoli come caratteristica fisica: nella Cina imperiale, piedi artificialmente deformati tramite fasciatura (definiti loto d’oro) erano una caratteristica femminile altamente erotica e desiderabile, associata nel confucianesimo alla sottomissione caratteriale della donna. Anche in Occidente il piede piccolo è considerato bello, basta pensare alle ballerine o alle scarpe con i tacchi a spillo, che causano un’andatura oscillante ed hanno la punta. Si consideri anche la fiaba di Cenerentola, originaria della Cina.

I tacchi alti sono veramente un’espressione di femminilità? Nella cultura occidentale moderna, la femminilità è spesso legata all’indossare calzature con tacchi alti. Il disagio associatovi è scontato dall’effetto visivo dell’allungamento delle gambe, al fine di rendere la figura più sottile.

La donna dai caratteri fisici femminili è una donna magra? diverse donne occidentali riducono l’assunzione di cibo nello sforzo di raggiungere l’idea di un corpo attrattivamente magro. Ciò può condurre in casi estremi a disordini dell’alimentazione quali anoressia e bulimia. L’industria della moda è sovente criticata per il fatto di proporre un modello di magrezza irrealistica e insalubre.

La femminilità e gli anelli da collo nel mondo: in parti dell’Asia e dell’Africa (popolazioni Kayan), gli anelli al collo hanno un significato di femminilità, talvolta lasciando chi li indossa dipendenti dal proprio marito.
Mutilazioni genitali femminili: in ampie parti dell’Africa subsahariana, la femminilità di una ragazza è tradizionalmente legata ad aver subito una dolorosa ed insalubre operazione di riduzione chirurgica degli organi sessuali esterni, denominata infibulazione.

Conclusioni: esiste la femminiltà?

Stabilire cosa sia femminile e cosa no è in parte moda in parte scelta del tempo, non eistono caratteri fisici predefiniti, eccetto forse quelli meramente secondari dovuti al diverso sviluppo del corpo in uomini e donne.

« (…) dunque non è detto che ogni essere umano di genere femminile sia una donna; bisogna che partecipi di quell’essenza velata dal mistero e dal dubbio che è la femminilità. La femminilità è una secrezione delle ovaie o sta congelata sullo sfondo di un cielo platonico? Basta una sottana a farla scendere in terra? Benché certe donne si sforzino con zelo di incarnarla, ci fa difetto un esemplare sicuro, un marchio depositato. Perciò essa viene descritta volentieri in termini vaghi e abbaglianti, che sembrano presi in prestito al vocabolario delle veggenti. Al tempo di S.Tommaso, la donna pareva un’essenza altrettanto sicuramente definita quanto la virtù soporifera del papavero. Ma il concettualismo ha perso terreno: le scienze biologiche e sociali non credono nell’esistenza di entità fisse e immutabili che definiscano tali caratteri, come quelli della Donna, dell’Ebreo, o del Negro; esse considerano il carattere una reazione secondaria ad una situazione. Se oggi la femminilità è scomparsa, è perché non è mai esistita (…) »
(Simone de Beauvoir)
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La condizione delle donne nella storia: cronologia e schema

Le donne sono state spesso discriminate in molte culture del mondo che riconoscevano loro capacità e ruoli limitati alla procreazione e alla cura della prole e della famiglia.

La condizione delle donne nella preistoria

Nelle società di caccia e raccolta mentre l’uomo aveva il ruolo di cacciatore, la donna accudiva i figli e procurava prodotti commestibili raccogliendoli. Secondo alcune teorie si ritiene che le donne possano aver inventato l’agricoltura.

La condizione delle donne nell’età antica

In un primo momento nelle civiltà mesopotamiche (Egitto, Persia, Assiria, Babilonia) la donna aveva una posizione molto elevata all’interno della società. In questi luoghi è stato presente anche il matriarcato ma poi, con l’ascesa delle monarchie militari, persero di prestigio e si iniziarono a formare i ginecei, dai quali le donne non potevano uscire e dove non potevano vedere nessun uomo ad eccezione degli eunuchi e del proprio marito.
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La condizione delle donne nella Grecia classica

Nella Grecia omerica la donna veniva rispettata, ma nell’età di Pericle la donna ricca era tenuta in casa, mentre le donne povere erano costrette a lavorare e quindi avevano una certa libertà.

In occasione dei Giochi Olimpici alle donne non era nemmeno permesso di avvicinarsi al perimetro esterno del santuario, pena la morte. Nella società greca alle donne era vietato assistere a qualsiasi manifestazione pubblica, oltre che praticare qualsiasi attività sportiva. Ciò conferma la condizione di inferiorità a cui era soggetta la donna nella società greca, molto diversa, ad esempio, dalla condizione di relativa emancipazione di cui godeva la donna nel mondo romano.

Secondo un’antica tradizione si diceva addirittura che, se mai una donna avesse praticato una qualche attività sportiva, grandi sventure sarebbero arrivate in seguito a tutto il genere femminile.

In Grecia esistevano le donne ritenute serie (che dovevano stare in casa a far figli, ed erano sottomesse agli uomini), e le etere (“compagne”), che potevano accompagnarsi agli uomini e forse potevano anche gareggiare. Il tragediografo Euripide, ad esempio, fa dire a Medea, nella sua omonima tragedia:

“… l’uomo, quando si è stufato di vivere con quelli di casa, se ne va fuori e pone fine alla nausea che ha in cuore, recandosi da un amico o da un coetaneo. Noi invece siamo obbligate a guardare a un’unica persona. Dicono che noi trascorriamo la vita senza rischi in casa, mentre loro combattono con la lancia, ma si sbagliano: vorrei essere schierata in battaglia tre volte, piuttosto che partorire una sola volta!”. – (Traduzione: Galasso-Montana).

Ecco un’altra citazione tratta, sempre da Euripide:

“… e primamente, poi che donna che in casa non rimane, mal faccia, o no, pur mala voce ha sempre, io dell’uscir lasciata ogni vaghezza, chiusa dentro mie soglie ognor mi stava, né d’altre donne il favellio faceto v’ammettea, paga di guidar con buona e savia mente le domestich’opre; …”. – (Andromaca nelle Le Troiane Traduzione di Felice Bellotti).

La condizione della donna nella Roma antica

A Roma la donna fu considerata quasi pari all’uomo, ad esempio entrambi i genitori avevano pari obblighi nei confronti dei figli e la donna poteva accompagnare il marito ad una festa, a patto che mangiasse seduta e non sdraiata come era norma per gli uomini. Non mancarono tuttavia le limitazioni poste dal diritto romano alla capacità giuridica delle donne: esse non avevano il ius suffragii e il ius honorum, ciò che impediva loro di accedere alle magistrature pubbliche. Nel campo del diritto privato era inoltre negata alle donne la patria potestas, prerogativa esclusiva del pater, e conseguentemente la capacità di adottare. Il principio è espresso per il diritto classico dal giurista romano Gaio nelle sue Istituzioni: Feminae vero nullo modo adoptare possunt, quia ne quidem naturales liberso in potestate habent. Sempre da Gaio apprendiamo che alle donne, con l’eccezione delle Vestali, non era consentito in epoca risalente di poter fare testamento. tale ultima limitazione venne però abrogata già in epoca repubblicana.

La condizione della donna nel medioevo

Il Cristianesimo impose la sottomissione della donna all’uomo, ma la considerò importante in quanto doveva crescere spiritualmente i figli.

Con l’arrivo dei barbari Franchi e Longobardi in Italia, la condizione della donna peggiora. Essa è infatti un oggetto nelle mani del padre, finché questi non decida di venderla ad un uomo.

Con l’inquisizione la donna viene ritenuta un rappresentante del Diavolo sulla Terra (le cosidette streghe), capace di trarre in inganno l’uomo spingendolo al peccato in qualsiasi modo.

Tuttavia, dopo il 1000, con l’avvento del dolce stilnovo, la donna viene angelicata e considerata un tramite tra Dio e l’uomo.

La condizione della donna nell’età moderna

Le Dichiarazioni dei diritti americana e francese avvieranno la donna verso l’emancipazione.

La condizione della donna nell’età contemporanea

Le donne, con manifestazioni femministe, ottengono un iniziale ma progressivo cambiamento verso la parità dei sessi.

Il primo traguardo importante è il conseguimento del diritto di voto per il quale si batterono le suffragette. In seguito ai conflitti mondiali le donne, che avevano rimpiazzato i molti uomini mandati al fronte sul lavoro, ottennero maggiori ruoli in società e possibilità lavorative fuori dalla famiglia. Altri traguardi importanti sono stati: la possibilità del divorzio, la legalizzazione dell’aborto e l’indipendenza economica.

Oggi la donna nella civiltà occidentale è considerata pari all’uomo dal punto di vista giuridico; al contrario in paesi non occidentali (per esempio nei luoghi accesi dal fondamentalismo islamico) è ancora ritenuta un essere inferiore.